Al Polo Museale di Ciminna tra pochi giorni, da sabato 6 luglio fino al 31, si svolgerà una mostra dal titolo “Fili di terra” a cura di Massimiliano Reggiani, critico d’Arte, e Vito Mauro.
La mostra esporrà le opere di due artisti: Alberto Criscione e Angela Di Blasi, di indiscussa originalità e maestria per il modo in cui sono riusciti a plasmare e lavorare materiali diversi, attraverso tecniche degne di particolare attenzione e con una propensione verso l’espressione di forme più alte e spirituali dell’arte.
“C è una sacralità non solo nelle opere ma anche nei tempi e nella gestualità che accompagna la creazione delle opere stesse”– sostengono entrambi gli artisti.
Alberto Criscione
La scultura di Alberto Criscione che trasforma la bellezza dell’antico in piccole composizioni sacre come i presepi e in sculture più grandi, attraverso un viaggio a ritroso nel tempo, rispecchia in buona parte i canoni che appartengono all’arte classica del passato ma attraverso una chiave di lettura più moderna. Le opere dell’artista proprio per la loro classicità mista a tratti di estrema modernità e originalità si trovano in svariate collezioni private, chiese e musei in Italia e all’estero
Le parole di Massimiliano Reggiani, critico d’arte:
La scultura di Alberto Criscione è il riflesso del nostro tempo e del rinnovamento di un mondo occidentale colto con sensibilità e maestria, indagato nel profondo senza diventare freddo citazionismo. Scolpire, infatti, equivale per l’Artista a ragionare non sul visibile ma sulle ragioni che ne hanno generato e giustificato la particolare espressione che noi definiamo classica.
Alberto Criscione nasce tecnicamente nel centro del Mediterraneo, nella Sicilia più conservatrice, lontana dal vocìo delle coste e della vita portuale, dei traffici e dei mercati. Si sviluppa sotto la guida del padre, affermato plasticista che trasforma la bellezza dell’antico in piccole composizioni sacre, i presepi, che lo fanno apprezzare a livello internazionale. Il figlio assorbe, già in tenera età, la tecnica e la delicatezza del maestro ma trascende presto dal contenuto affrancando lo scolpire dai significati più facilmente riconoscibili, dal simbolismo sacro e devozionale.
La scultura di Alberto Criscione entra così in un campo inesplorato, un viaggio a ritroso nel tempo: è un continuo lavoro di raffinamento e depurazione dell’immagine fino a tornare ai canoni e ai precetti che appartenevano ormai per genetica all’arte dell’antichità. Tolte le vesti cristiane i suoi personaggi riscoprono un corpo equilibrato e armonioso, agile e snello per l’esercizio muscolare, per la vita sofferta ma libera di un Mediterraneo punteggiato di naviganti e pastori, di guerrieri e di olimpionici, di aristocratici impegnati nell’esercizio fisico per elevarsi dall’istinto della grande madre generatrice sregolata.
In equilibrio tra le due grandi tradizioni del Mediterraneo, quella greca più estetizzante e vicina ai modelli ideali e quella romana dove il tratto individuale esige dalla forma perfetta il pesante tributo della verosimiglianza, Alberto Criscione adotta ambedue le estetiche e ne fa strumento del proprio creare. Talvolta più astratto, talaltra più fisico e quasi sanguigno i suoi corpi appartengono alle forme del nostro patrimonio culturale.
Al medesimo tempo però, Alberto Criscione è estremamente moderno. Come può esserlo se parla una lingua così remota? Per un meccanismo che scatta quando una cultura millenaria si dissolve e si trasforma in qualcosa di completamente diverso, erodendosi dall’interno, corrompendosi in un alchemico rinnovamento che cambia la sostanza e non più solo lo stato della materia. Alberto Criscione s’interroga spesso sul mito, quello degli antichi Dei – ovviamente -ma anche sulla grande rappresentazione del Pantheon attuale: l’eredità cristiana, espressa nelle opere di gioventù (…)Il commento dell’artista
“Sono figlio d’arte, mio padre realizzava opere di arte sacra a Ragusa, è lui che mi ha trasmesso la passione per questa genere di arte. Le mie sculture sono realizzate prevalentemente con l’argilla e questo mi permette di sperimentare svariate tecniche. L’arte classica a cui mi sono ispirato, e che vediamo attraverso le opere esposte all’interno della mostra, è solo un pretesto per narrare di come si sia evoluta nel tempo l’umanità, dei sentimenti, delle emozioni che le sono appartenute. Una umanità che tendenzialmente è rimasta uguale a se stessa. Si tratta di un percorso che ho evidenziato durante la mia crescita artistica, testimoniata da opere realizzate nell’ arco di una ventina d’anni. Immagini classiche, per lo più, che richiamano l’epoca ellenistica, interpretate in chiave moderna e, se vogliamo, in alcune anche ironica, di una umanità che non si prende troppo sul serio e che, spesso, inconsciamente, si lascia sfuggire la consapevolezza di appartenere a una dimensione più alta e spirituale di cui ha un estremo bisogno. Questo aspetto è particolarmente evidente nell’opera dal titolo, “Anonymus Canonicus”, una scultura sospesa in aria con una parte del corpo che tende a sgretolarsi e a diventare altro da sé, suggerendoci l’esistenza di una dimensione diversa da quella materiale, qualcosa che la trascende”.
Angela Di Blasi
“Fili di terra legano l’uomo alla natura, a una dimensione diversa” – ci comunica anche l’artista Angela Di Blasi. Per lei l’uomo è imprescindibile dalla natura.
La “CuciArte” è la tecnica di Angela Di Blasi, artista siciliana, che annoda i” fili della memoria” attraverso una tecnica innovativa che adopera la stoffa, le fibre e i bottoni… diventando linguaggio espressivo di un’arte ricercata, attenta, frutto della lenta e paziente preparazione dei materiali .
Le parole del critico d’arte Massimiliano Reggiani
Angela Di Blasi è un’Artista siciliana nel cuore e nell’estetica, mediterranea nei colori ma universalmente femminile per la propria sensibilità. Ha inventato una tecnica, la CuciArte, ma ha avuto la capacità di elevarla a linguaggio espressivo e quindi di poterla trasmettere con facilità e naturalezza. La CuciArte permette non solo di dipingere usando campiture materiche, fatte di stoffa, di fibre, di bottoni, ma anche di annodare i fili della memoria giocando sull’evocazione del proprio vissuto – i ricordi, la scelta, la permanenza – e sull’empatia con l’osservatore che a propria volta ne riconosce la fisicità e sovente li ha sperimentati, sulla propria pelle. Esiste quindi il piano ella rappresentazione e quello più ludico, trasgressivo, dirompente che porta a livello di arte i frammenti della normalità quotidiana. Angela Di Blasi non nasconde il proprio mestiere, lo mette a servizio degli altri: realizza, anche in collaborazione con il noto scultore Alberto Criscione, laboratori creativi dedicati soprattutto all’infanzia. Insegna i rudimenti del cucito, inteso non in senso strettamente sartoriale, ma in maniera quasi antropologica come volontà o necessità di legare e di connettere, l’uso dell’ago e del filo. La decisione di trasmettere la propria invenzione è, allo stesso tempo, intelligente e coraggiosa. Abbiamo parlato di mestiere e lo ripetiamo senza timore di sminuire l’opera dell’Artista: alla base di ogni espressione organizzata vi è la padronanza, la piena capacità di attingere dal passato e innovare. Angela Di Blasi ha raggiunto la maturità della propria ricerca, non ha quindi difficoltà ad aprirla allo sguardo e ai tentativi di chi se ne voglia appropriare. Allo stesso tempo, però, ne possiede la maestria e le sue opere – che nascono dalla consapevolezza del taglio e del cucito – diventano spontaneamente opere d’arte. In lei, che ha studiato all’Accademia di Palermo, fioriscono con facilità quell’equilibrio compositivo, quella sicurezza del tratto, quell’universo coerente di simboli, che sanno catturare l’attenzione e affascinare per raffinatezza e contenuto. Una scelta al contempo coraggiosa perché il confronto diretto con gli allievi la obbliga a non nascondersi nella solitudine dell’apparente genialità con cui invece, molti autori contemporanei, mascherano la fragilità dei propri universi creativi. Angela Di Blasi ha radici e cuore siciliani: negli splendidi “Song of Nature” si avverte il moto incessante della sua isola, che sia caldo scirocco intriso di sabbie finissime, fresca brezza di maestrale o limpida onda, ogni linea rimanda al soffio del vento, all’impeto delle maree. Le ragazze accennate con padronanza d’anatomia e profonda sapienza del tratto rimandano all’arte fittile dei tanti ceramisti greci che colonizzarono culturalmente quest’isola un tempo dai decori fortemente geometrici
La Sicilia di Angela Di Blasi, infatti, non ha il sapore mieloso dell’attrazione turistica, del rustico obbligato, dello scintillare fastoso dei carretti e dei pupi di teatro allargati ossessivamente ad ogni rappresentazione. È una terra, invece, scabra e tenace dai colori spesso lividi, tremolanti, come albe o aurore viste dal mare. Un’isola fatta anche di temporali, di piante spinose, di alghe strappate che sembrano danzare. Il rosso del sangue e del corallo primeggia in molte opere, è la tinta calda e vitale che mescola sofferenza e bellezza, vita e intrinsecamente morte. Civiltà di contadini e muratori, di trasportatori e naviganti, di tonnaroti e confraternite che porta nei propri geni l’eredità di culti antichi, di dolore che si trasfigura in grazia. L’arte di Angela Di Blasi è intrinsecamente, visceralmente femminile perché fatta di relazione, di capacità di legare gli opposti e i diversi, di abbracciare l’eterogeneo in uno sguardo armonioso. Allo stesso tempo, però, diventa anche la sublimazione di un’intera civiltà di scopritori e naviganti, di profughi e fuggiaschi, di marinai e commercianti (…)
Il commento dell’artista
“La natura nei miei quadri ha una parte predominante e l’uomo è assolutamente imprescindibile da essa. Sono opere proiettate verso una visione bella e rigogliosa, grazie anche a tecniche innovative come quella dell’“ecoprint”, per esempio, che utilizza le foglie e la loro impronta sui tessuti, che poi valorizzo attraverso il ricamo. Una sorta di inno alla natura che non costituisce una realtà diversa dall’uomo ma lo comprende, lo integra. I materiali riciclati, spesso frutto di donazioni, che utilizzo nelle mie creazioni, conferiscono ai materiali stessi un valore aggiunto, un richiamo alla memoria, al ricordo di cose vissute. Ogni tessuto ha una storia da raccontare.
Molte persone sono legate alla tecnica della pittura tradizionale, la mia rispecchia un altro tipo di arte che va comunque capita e valorizzata, un’arte che è portata a trasmettere l’amore per la natura e il rispetto per l’ecosistema. Vorrei che tutti indistintamente rispettassero la terra”.
Conclusioni
In definitiva si tratta di una mostra che porta a riflettere su una umanità in continua evoluzione e cambiamento che ha però radici profonde nella natura di cui è parte integrante e di cui non può cancellarne l’esistenza. Ignorarla porterebbe a negare l’essenza stessa dell’uomo che è materia soggetta a decomporsi e a confluire nel ciclo stesso della natura, madre di tutte le cose.
Sono tecniche alchemiche che entrambi gli artisti utilizzano per realizzare le loro opere, con la presenza di una forte incognita sul lavoro finito. “Non sai mai che cosa verrà fuori” – sostengono gli artisti. Ma è proprio da questa incognita che deriva la bellezza evocata dalle loro opere che non aspira alla perfezione delle forme, ma alla ricerca delle possibili varietà in cui la natura e i suoi elementi, di cui le opere sono fatte, si manifesta, accostandoci a una dimensione più spirituale.
Tutti i diritti sono riservati ©
Dorotea Rizzo